IL VILLAGGIO DEGLI SPAZZINI 1909 – 1929
Forse perché si sono volute rimuovere quelle origini zingaresche del nostro mestiere, che sul Villaggio degli Spazzini non esistono molte notizie e quelle poche sono assolutamente approssimative, a cominciare dall’esatta località.
Dov’era quel villaggio ?
Un cronista dell’epoca, AE Fragar, nel 1929 così lo descrive:
“Dopo il sottopasso della nuova linea ferroviaria che dal vialone (viale Padova) per Monza va verso la frazione Rottole, nel paese di Lambrate”.
L.V. Bertarelli nella Rivista del Touring Club in un reportage fotografico del 1909 parlava di “quella specie di accampamento zingaresco con contorno di inevitabile luridume sui margini di quei chiari laghetti formati dalle cave di sabbia, luoghi sconosciuti ed inesplorati dalla maggioranza dei milanesi”
IL VILLAGGIO
Quello che i milanesi del tempo chiamavano con disprezzo “villaggio degli spazzini” era formato da una colonia di circa 700 spazzini, aggregati alla Camera del Lavoro e riuniti in sezioni.
Il Villaggio era formato da due lunghe file di capannoni (circa 300) tutti uguali, con tettoie fatte di lamiera ricavate da vecchi bidoni del petrolio. Un lungo viale centrale divideva le baracchi, ed era tutto transennato da uno steccato. Occupava ben 25.000 mq. di terreno che il Municipio aveva preso in affitto, a seguito di un’agitazione degli spazzini, cacciati dalla loro vecchia sede di viale Lombardia, per far posto alla costruzione del 2° villaggio operaio della Società Umanitaria.
Il Villaggio era costruito vicino ai laghetti che si erano formati a seguito dell’escavazione delle cave di sabbia, che permettevano oltre al recupero della sabbia anche la pesca di eccellenti tinche.
In queste cave i geologi avevano rinvenuto i resti di fauna antidiluviana che il Civico museo Zoologico dei Giardini Pubblici di Porte Venezia, raccolse, studiò e catalogò.
Accanto ai magazzini – deposito sorgevano altri fabbricati più solidi ed esteticamente più regolari che servivano da dormitori e potevano ospitare fino a 8 persone per baracca. Mancavano i servizi essenziali (bagni, docce, acqua potabile, luce ecc..). Le condizioni igieniche erano disastrose e nel villaggio abbondavano cani e topi.
Disponevano di 300 carrettini dipinti di verde e verso le 02.00, uscivano dal Villaggio per andare in città e tornavano ai magazzini verso le 10.00, secondo le disposizioni comunali. Ogni spazzaturaio possedeva un suo magazzino che serviva da rimessa e da locale per selezionare carta, stracci, ossa, metalli, vetro e altri innumerevoli materiali. Ciò che poteva servire come concime veniva trasportato nei loro terreni in Brianza o verso il confine della Bergamasca. Per buona parte della giornata spazzaturai di ambo i sessi erano occupati nella meticolosa cernita di tutti i rifiuti delle abitazioni milanesi. I 700 “spazzini privati”, come venivano comunemente designati, dovettero scioperare per chiedere ed ottenere dai padroni di casa un miglioramento salariale.
Negli anni le condizioni di questa strana specie di lavoratori si erano curiosamente invertite; una volta erano le uova ed il pollame che affluivano dalle campagne brianzole, da parte degli spazzini, settimanalmente nelle portinerie dei padroni di casa a patto che concedessero a loro la razzia delle spazzature domestiche; poi furono gli spazzini associati alla Camera del Lavoro che imposero ad essi un concordato di tariffe. Si stima che le varie raccolte fruttavano giornalmente ad ogni individuo un guadagno di 10/15 lire, ricavate dalla utilizzazione di quanto si trovava nella spazzatura. Inoltre ogni padrone di casa retribuiva con 20 lire al mese lo spazzino, secondo l’entità del fabbricato e il numero degli inquilini.
Prima erano invece gli spazzini che pagavano i padroni di casa per poter avere il privilegio di raccogliere le immondizie, portando loro spesso dalle campagna uova e pollame. L’unico svago per gli spazzini di quel periodo per era correre al bettolino (lo spaccio) della Cooperativa, in fondo al corso del Villaggio, ad inumidire le fauci arse dal polverone, che si alzava nelle giornate di vento. A sera si ricoverano a riposare nei dormitori dove il loro sonno non era scosso né dal latrare dei cani di guardia né dalle numerose scorribande notturne dei ratti (pantegane) che a tribù andavano in cerca di abbondante cibo fra i cumuli dei capannoni. L’avventura degli spazzini brianzoli finisce alla fine degli anni ’20, quando il Comune di Milano costruisce un moderno impianto di cernita in via Olgettina.